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La passione delle due ruote per cambiare gli stereotipi

Malak Hasan, Segretaria generale della Federazione palestinese per il pugilato e redattrice nell’agenzia di stampa Wafa, e’ divenuta un punto di riferimento per le giovani palestinesi che sognano la emancipazione. Secondo dati dell’Ufficio centrale di statistica palestinese, la disoccupazione femminile in Cisgiordania è del 47,4 per cento (rispetto al 22,3 per cento per la popolazione maschile) e per le donne i matrimoni in giovane età sono il 20 per cento: molto più che per i coetanei maschi. Assieme con i compagni di ‘Cycling Palestine’ ”cerchiamo – spiega Malak (malakhasan.com) – di cambiare gli stereotipi”. In questa fase l’impegno si rivolge innanzi tutto ai municipi affinché’ garantiscano maggiori margini di sicurezza nelle arterie statali. Poi cercheranno di trasmettere la loro passione anche nelle scuole, alle nuove leve palestinesi.Quando Malak Hasan sale in sella sulla sua bicicletta e si aggiusta lo sgargiante giubbotto arancione con la scritta ‘Cycling Palestine’ vede spesso attorno a se sguardi di meraviglia. In Cisgiordania il ciclismo sportivo è ancora agli inizi: chi lo pratica deve misurarsi con l’ironia di chi è persuaso che le biciclette siano solo giocattoli per bambini e con le critiche di chi pensa che il ciclismo sia inconciliabile col concetto islamico di modestia femminile. Ma in anni di sforzi Malak (‘Angelo’, in arabo) ed il fondatore del suo club, Sohaib Samara, stanno diffondendo in Cisgiordania la passione per le due ruote. Devono superare sia ostacoli fisici (i posti di blocco militari israeliani e anche i forti dislivelli di quelle alture) sia i preconcetti. Ma la loro rete sociale cresce, ed è forte di 3000 appassionati. In Malak l’amore per lo sport è sbocciato quando, da bambina, risiedeva con la famiglia negli Emirati Arabi Uniti. Una volta rientrata nel modesto villaggio cisgiordano di Biddu (Ramallah) dovette però arrendersi ad una realtà in cui le infrastrutture sportive erano inesistenti. ”Era l’anno 2013 quando mi comprai la prima bicicletta, da cross” ha detto all’ANSA. Dopo essersi laureata in letteratura all’Università di Bir Zeit (Ramallah) si era appena trasferita nel Galles per un corso di aggiornamento. ”Ero talmente elettrizzata che tenevo la bicicletta nella mia stanza da letto”. Anche nel Galles fu seguita da sguardi perplessi degli abitanti, poco abituati a vedere nelle loro strade cicliste con la testa avvolta in un hijab islamico. Uno stupore ancora maggiore (“come in presenza di extraterrestri”) avrebbe circondato nel marzo 2017 la avventurosa squadra di ciclisti palestinesi (otto maschi e due femmine) che in quattro giorni percorse il tragitto di 500 chilometri fra Ramallah, via Gerico, fino al porto giordano di Aqaba. “La gente là non riusciva proprio a capacitarsi che fossimo giunti in bicicletta fin da Gerusalemme” ricorda Malak con un sorriso. Anche i militari israeliani sul ponte di Allenby, sul fiume Giordano, caddero dalle nuvole: mai avevano visto prima ciclisti palestinesi. Una volta in Giordania, aggiunge Malak, lei e i compagni avvertirono per la prima volta cosa significasse poter pedalare in continuazione, senza mai essere obbligati a fermarsi a posti di blocco.