Papa Francesco e le donne

Il Vaticano non è un posto per le donne. La presenza femminile a livelli apicali nella Santa Sede si conta sulle dita di una mano. Davvero troppo poco per una istituzione che esalta il genio femminile e celebra il concetto di parità. La battaglia contro la discriminazione delle donne nella Chiesa era stata sollevata dal mensile “Donne Chiesa Mondo” già sotto la direzione di Lucetta Scaraffia che aveva coraggiosamente denunciato gli abusi alle suore utilizzate come colf dai cardinali. Le denunce avevano però sollevato parecchi mal di pancia in Vaticano. Il mensile dell’Osservatore Romano ora riprende in mano la questione. L’ultimo numero segna una svolta. Nel supplemento di gennaio 2020 di “Donne Chiesa Mondo” , pubblicato in queste ore, tra gli argomenti proposti, proprio la “questione donna” dalle origini della Chiesa al pontificato di Papa Francesco.

«Mi preoccupa il persistere nelle società di una certa mentalità maschilista, mi preoccupa che nella stessa Chiesa il servizio a cui ciascuno è chiamato, per le donne, si trasformi a volte in servitù –  ha affermato più volte il Papa  –  Io soffro, dico la verità, quando vedo nella Chiesa o in alcune organizzazioni, che il ruolo di servizio, che tutti noi abbiamo e dobbiamo avere, il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di servitù”. Pertanto nella prospettiva aperta da Francesco se «la donna per la Chiesa è imprescindibile» ed è «necessario ampliare gli spazi di una presenza femminile più incisiva» questo presuppone che anche nella Chiesa certo maschilismo strisciante sia «sanato dal Vangelo» — come ha rilevato opportunamente anche nella sua Esortazione apostolica — e allo stesso tempo, sempre nell’ottica del Vangelo, sia sanato il clericalismo che risponde a logiche di potere inteso come dominio. Perché il clericalismo — che riduce la Chiesa a club privato di cui qualcuno, che non sia Cristo, pretende di averne le chiavi — unito a certo maschilismo, anziché valorizzare la novità evangelica che porta a costruire una chiesa di fratelli e sorelle, esalta le differenze in modo distorto e dal punto di vista dell’annuncio di fatto realizza una devianza tradendo l’identità della Chiesa, dato che la novità evangelica vede insieme uomini e donne chiamati al discepolato, all’annuncio, al servizio per trasmettere a pieno la ricchezza del messaggio evangelico.

La fattiva collaborazione tra donne e uomini nella Chiesa nella reciprocità e nel servizio è perciò la direzione indicata da papa Francesco nei suoi reiterati interventi riguardo alla questione femminile. Per il Papa è necessario «andare sempre più a fondo non solo nell’identità femminile, ma anche in quella maschile, per servire così meglio l’essere umano nel suo insieme».

Il supplemento di gennaio dell’Osservatore Romano è tutto dedicato al rapporto tra papa Francesco e la questione femminile nella Chiesa. Tra le autrici dei diversi articoli teologhe, giornaliste, filosofe, religiose e laiche non solo cattoliche. “L’urgenza di superare una Chiesa monocolore”, è il titolo dell’articolo di Stefania Falasca, vaticanista ed editorialista di Avvenire, che apre il numero. L’articolo della Falasca riprende le dichiarazioni di Papa Francesco sugli obiettivi che la Chiesa deve porsi per abbattere il muro di disuguaglianze.

 

Riflessioni  riprese nell’esortazione apostolica sulla missione Evangelii gaudium e reiterate in questi anni in numerosi interventi, talora a braccio, fino a quelli più recenti nei quali si fa esplicita l’eco di quella speranza che animava i padri del Concilio quando l’8 dicembre 1965, alla fine dei lavori, fu pubblicato da Paolo VI il “Messaggio alle donne”. A conferma che la preoccupazione e l’invito di Francesco s’iscrivono nella corrente diretta delle istanze nate in continuità con il Vaticano II non ancora attuate e che la “questione donna” nell’urgenza dell’attuale contesto ecclesiale ed ecclesiologico ha le sue radici nel vissuto della Chiesa già nel suo sorgere, dove la presenza delle donne favorisce l’apertura universalistica, sia nei momenti fondanti, originari, decisionali, in cui si tratta di accogliere tutta la forza propulsiva dello Spirito, sia in quelli del suo avvio concreto in cui occorre superare le pesantezze di schematismi consolidati e le ostilità connesse. Del resto nel Vangelo e negli Atti degli apostoli — come rileva il biblista Damiano Marzotto nel suo «Pietro e Maddalena. Il Vangelo corre a due voci», testo definito «bellissimo» da papa Francesco — le donne si presentano non solo come «il luogo dell’accoglienza e dell’ospitalità ma come luogo della libertà e dell’universalismo, capaci cioè di rigenerare, di ridonare quello slancio che spinge agli spazi universali e quindi di far progredire la via della salvezza. Tale dinamica si è compiuta di fatto, quindi si compie e può compiersi, solo in una piena sinergia di maschile e femminile».

Il documento finale del Sinodo sui giovani così afferma: «Una visione anche della Chiesa, fatta prevalentemente al maschile, non sta rispondendo al compito che Dio ha affidato all’umanità. In secondo luogo, è solo dalla reciprocità che può emergere una valorizzazione e una integrazione del maschile e del femminile». L’Evangelii gaudium non manca di ricordare anche che il sacerdozio ministeriale è uno dei mezzi che Gesù utilizza al servizio del suo popolo, ma che «la grande dignità viene dal Battesimo, che è accessibile a tutti» e che la presenza delle donne nelle strutture ed istanze che decidono oggi del futuro della Chiesa ricordano che il sacramento del battesimo non può essere superato. Si tratta quindi innanzitutto di riconoscere e metabolizzare che la questione non è superficialmente di pari opportunità perché non nasce dalla rivendicazione ma da una ricchezza da recuperare, quella di una Chiesa-comunione appunto. Che quello dell’Ordine, riservato agli uomini, non è il solo sacramento a garantire un’assistenza dello Spirito santo in fase di ascolto, di confronto e di decisioni. Che è piuttosto il Battesimo a compaginare un Corpo con diverse membra, la cui possibilità di movimento sorge solo dalla loro cooperazione e dalla reciprocità. In questa prospettiva si tratta quindi di superare logiche clericali nelle quali la presenza femminile negli organismi vigenti, nei vicariati, nelle curie, compresa la Curia romana, venga intesa come “concessione” alle donne e ridotta a presenza simbolica.

Quella femminile è una vecchia questione destinata ad affiorare irrisolta ciclicamente nonostante la buona volontà del Papa che ascolta con attenzione le voci femminili che gli arrivano, anche se poi si trova costretto ad accantonarle perché fare un passo in avanti evidentemente causerebbe l’ennesimo strappo interno. Sul tappeto resta così insoluto anche il grande interrogativo del diaconato femminile: in tante zone del mondo, per esempio in America Latina, tantissime donne svolgono già importanti compiti pastorali sopperendo alla mancanza di clero e di vocazioni.
La questione femminile nella Chiesa è al centro di una riflessione che include anche la violenza sulle religiose e il diaconato femminile. Il cosiddetto soffitto di cristallo resta uno dei grandi temi ineludibili ma la strada da percorrere è tutta in salita.

Il giornale della Santa Sede assicura però che esiste la volontà di cambiamento di Papa Francesco definito però «un’eccezione» al livello alto della gerarchia, considerando che tra i cardinali e gli arcivescovi prevale ancora «la preoccupazione di andare d’accordo con una tradizione che ha, fatalmente, l’impronta» della solita gestione degli uomini di potere.
L’altro capitolo riguarda la violenza che si concretizza sia sessualmente, sia sotto forma di abuso di potere. «Il pontefice ha rotto il silenzio sulla violenza – sottolinea Suor Jolanta Kafka, la nuova presidente della Uisg, Unione Internazionale Superiore Generali, che riunisce 1900 congregazioni per oltre 450.000 consacrate – e questo ci dà la possibilità di parlare, di essere, anche come Uisg, un luogo di ascolto e di aiuto non solo nei confronti della violenza sessuale, ma di ogni abuso di potere. Già da tempo abbiamo deciso di affrontare il problema seguendo tre direzioni: creare spazi in cui le sorelle possano parlare. Non c’è niente di peggio che sentirsi vittime e non trovare un luogo di ascolto. Offrire loro appoggio terapeutico e legale, svolgere un lavoro di formazione integrale perché le donne siano più consapevoli della loro dignità e i loro diritti».

 

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