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Svolta storica in Arabia Saudita, le donne possono guidare

Una conquista risultato di anni di battaglie che hanno portato, anche nelle ultime settimane, diverse attiviste in carcere. Da oggi, domenica 24 giugno, le donne in Arabia Saudita possono guidare liberamente l’auto.L’Arabia Saudita è l’ultimo Paese al mondo a non riconoscere ancora questo diritto alle donne, che finora dovevano fare affidamento su mariti, fratelli o autisti per compiere operazioni elementari, come recarsi al lavoro o portare i figli a scuola. Un divieto che le aveva relegate ai sedili posteriori. Una svolta storica era stata annunciata lo scorso settembre nell’ambito dell’ambizioso programma di riforme sociali e economiche promosso dal principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS) per modernizzare il Regno, che è fra i Paesi islamici più conservatori e rigidi al mondo.

La preziosa concessione, firmata dal re Salman ma voluta dal principe ereditario Mohamed bin Salman (Mbs), rientra nella Vision 2030 che vorrebbe portare nella modernità il regno finora simbolo della teocrazia islamica. Nell’ultimo sono stati diversi i traguardi raggiunti e i muri abbattuti: dalla possibilità per le donne di assistere alle partite allo stadio, alla partecipazione ad alcuni sport all’aperto, all’autorizzazione a poter far parte dell’esercito e dei servizi segreti. Le donne, ad esempio, non possono ottenere un passaporto o viaggiare all’estero senza il permesso di un uomo. Lo stesso vale per il lavoro, il matrimonio o il divorzio. E restano molto rigide le regole per l’abbigliamento, che impongono al genere femminile una totale copertura del corpo, così come le restrizioni nei luoghi comuni. Uomini e donne non possono frequentare gli stessi ambienti. O almeno non ancora. La strada per un totale riconoscimento del ruolo della donna nella società saudita resta ancora lunga: nell’indice 2017 delle pari opportunità del World economic forum l’Arabia Saudita è 138esima su 144.

Secondo alcuni osservatori locali, si tratterebbe di un modo per calmare il potente establishment religioso, contrario a qualsiasi forma di liberalizzazione e di apertura nei confronti delle donne, ritenute addirittura non dotate dell’intelligenza necessaria per guidare. Intanto le donne saudite si attrezzano. In molte hanno postato la propria foto sui social network con in mano la patente nuova di zecca – le prime sono state rilasciate il 4 giugno scorso, mentre altre, con il pallino delle due ruote, scelgono di allenarsi sul circuito motociclistico del Bikers Skills Institute di Riad.

Dall’annuncio della fine del divieto, infatti, il centro ha scelto di aprire una volta alla settimana le sue porte a quelle giovani e meno giovani interessate a imparare a portare una moto e a capirne la meccanica di base. In diversi atenei aperti soltanto alle donne vengono proposti corsi di guida, ma in tante lamentano il fatto che le scuole e le istruttrici siano ancora troppo poche e che il costo delle lezioni resti troppo elevato. Le case automobilistiche, intanto, festeggiano. Secondo le stime elaborate da Bloomberg Economics, l’apertura del settore alle donne potrebbe generare 90 miliardi di dollari entro il 2030. Un impatto non indifferente sulle finanze della monarchia saudita pesantemente colpite dal 2014 dall’abbassamento del prezzo del greggio.

Il gap tra quanto promesso dalle riforme e la piena indipendenza delle donne saudite resta tuttavia ancora molto grande. Le donne potranno sì mettersi al volante, ma dopo avere ricevuto un permesso dal loro garante maschio.

Intanto per garantire la loro sicurezza, il governo di Riad ha inasprito le pene in caso di molestie sessuali che ora prevedono il carcere fino a cinque anni e un’ammenda massima di 300 mila riyal (circa 68 mila euro).