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Violenza sulle donne, a Napoli il top dei fascicoli pendenti

I processi durano in media 2 anni e circa la metà si chiude con sentenza di condanna. Sono i dati del monitoraggio condotto dal Csm tra gli uffici giudiziari, tra il primo luglio 2016 e il 30 giugno 2017, a fotografare un fenomeno, quello della violenza sulle donne, che interessa tutto il Paese.

Ma che presenta facce diverse anche dal punto di vista della risposta degli uffici giudiziari.Il fenomeno interessa tutta l’Italia, ma negli uffici giudiziari viene trattato diversamente secondo le regioni. Il Consiglio Superiore della Magistratura ha svolto l’attività di  monitoraggio raccogliendo i dati tra 138 procure e 139 uffici giudicanti. Un lavoro che permetterà di stilare delle linee guida alle quali tutti gli uffici dovranno attenersi nella speranza di dare una risposta più efficace alle richieste di giustizia.

Dallo studio emerge che i processi per violenze di genere o domestica, quelli che arrivano al dibattimento in aula, durano in media due anni e mezzo. Circa il 55% si chiude con sentenza di condanna. Più rapide sono le indagini delle procure, che, mediamente si chiudono in un anno, ma nel 45% dei casi finiscono con l’archiviazione. la percentuale sale al 60% ad Arezzo, Catanzaro, Lecco e Torino. Il maggior numero di denunce è concentrato nelle regioni del Nord e del Sud Italia. Ma sono Roma (230), Milano (222), Torino (193) e Brescia (166) ad avere il grosso dei procedimenti iscritti dalle procure e Palermo il record di procedimenti sopravvenuti in dibattimento (682). Mentre il top dei fascicoli pendenti è a Napoli (1942): per l’esattezza, al 30 giugno 2017, risultano 1942 procedimenti aperti.  Segue Palermo con 1262 poi il tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con 1127 casi (dato stimato), e poi Salerno con 1023 fascicoli. Milano invece vanta il maggior numero di procedimenti definiti: più di 400.

Questi dati si spiegano con un più alto numero di denunce registrato anche dall’Istat, soprattutto in Campania, ma indicano nel contempo la necessità di potenziare le risorse per smaltire gli arretrati.

Quello che manca, viene segnalato dal rapporto, è la specializzazione negli uffici giudicanti, soprattutto quelli più piccoli. Questo rende più difficile trattare i reati di violenza di genere, per i quali è prevista una corsia preferenziale.

A differenza dei grandi tribunali, Roma e Milano in testa, «i più piccoli non hanno una struttura organizzativa ad hoc e dunque hanno bisogno di maggiori supporti, anche dal punto di vista della formazione dei magistrati e della polizia giudiziaria», nota Paola Balducci, presidente della Sesta Commissione. Polizia giudiziaria a cui i procuratori dovrebbero dare, secondo il Csm, istruzioni precise su come operare: come quella, nel caso in cui la donna è vittima della violenza del marito, di «evitare impropri interventi di mediazione» per far riconciliare la coppia.