“Hospice” è una parola inglese, derivante dal termine latino “hospitium”, che da noi viene tradotta con: “luogo di accoglienza e ricovero per malati verso il termine della vita, in particolare, ma non esclusivamente, malati di cancro”. I malati terminali in Italia sono 313.000 mentre gli Hospice che in Italia si offrono, mediante le cure palliative, di addolcire la sofferenza sono 2.500.
Il 40% dei pazienti ricoverati negli Hospice soffre di malattie oncologiche, il 60% di malattie croniche e degenerative, che comprendono anche la demenza. Per ogni paziente viene messo a punto un piano individuale, tanto più efficace quanto il ricovero o l’avvio dell’assistenza avviene per tempo.
Il lavoro dei medici e degli infermieri che lavorano negli Hospice è moto delicato: prevede di comunicare con la famiglia, di saper parlare, tacere e aspettare. Sono le persone che devono gestire il dolore dei pazienti, la loro angoscia e controllare la disperazione dei familiari.
C’è chi lavora quotidianamente accanto a coloro che stanno lasciando la vita. Un tema che scuote nel profondo e che dovrebbe riguardare la coscienza di ciascuno di noi. Non dovrebbe essere un tema sul quale attaccare o infangare il prossimo se ha visioni differenti sul senso della vita e della morte.
Un Paese che permette questo non è un Paese civile.
Lo abbiamo visto di recente con l’ultima udienza del processo a Marco Cappato (accusato di aiuto al suicidio per aver portato in Svizzera DJ Fabo), dove gruppo di manifestanti ha accolto la madre di Fabo urlandole “Congratulazioni per aver ucciso suo figlio!”. Non sono mancate le condanne e i manifesti anche contro Emma Bonino.
C’è da riflettere …
Marina Ripa di Meana voleva morire di eutanasia in Svizzera al termine di una battaglia di 16 anni contro il cancro. Si è rivolta alla vedova di Luca Coscioni per sapere come fare. E l’ex deputata radicale le ha suggerito la “via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda” e le ha presentato una specialista che l’ha accompagnata negli ultimi giorni di vita, facendo sì che si spegnesse a casa propria, accanto agli affetti più cari, assistita a dovere, senza dover intraprendere il viaggio fatto da Dj Fabo e altri. Nel suo dolore insondabile, Marina Ripa di Meana ha lasciato questo mondo in un modo che apre, o riapre, domande e ferite. La regina dei salotti, nel video-testamento letto da Maria Antonietta Coscioni e reso noto da Radio Radicale, confessa di aver pensato al suicidio assistito.
Dunque non è necessario andare in Svizzera per anticipare la morte. Esiste una “via italiana” per evitare sofferenze inutili. Tra sedazione ed eutanasia la linea di demarcazione non appare più così netta come nei trattati medici e bioetici. Marina Ripa di Meana ha contribuito a smascherare le scorciatoie nascoste nelle leggi.