“È difficile essere una donna scienziata, soprattutto quando si ha una famiglia”. Lo ha detto Emmanuelle Charpentier, a margine della conferenza organizzata a Roma, dall’Accademia dei Lincei, sugli sviluppi della tecnica del taglia-incolla il Dna Crispr-Cas9 (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats), che la ricercatrice ha ideato nel 2013 con Jennifer Doudna, dell’università di Berkely. L’occasione per affrontare il rapporto tra donne e ricerca è la giornata internazionale delle donne nella scienza in programma oggi, domenica 11 febbraio. Un binomio, ha osservato Charpentier, che continua a presentare difficoltà.

“Spesso ci si deve muovere da un laboratorio a un altro, da un Paese a un altro per 10-15 anni. Ho l’impressione – ha aggiunto – che molte donne ricercatrici già 4 o 5 anni dopo il loro dottorato, tendano a rinunciare alla ricerca. Per questo in Europa esistono progetti dedicati alle donne nella scienza. Tuttavia – ha concluso scherzando – essere donne può essere un vantaggio perché molte istituzioni amano mostrare di avere delle donne nella loro squadra”.

Stanno aumentando ma sono ancora poche le donne nel mondo della ricerca devono ancora oggi affrontare concetti che dovrebbero essere già da tempo superati, come emancipazione e parità di genere. Senza contare la difficoltà di conciliare la famiglia e con il lavoro.

E nessuno puo’ dirlo meglio di donne che si sono affermate nel mondo della ricerca come Fabiola Gianotti, prima donna alla guida del Cern di Ginevra, che nel 2012 annunciò al mondo la scoperta dell’ormai celebre bosone di Higgs, e Emmanuelle Charpentier, una delle ‘mamme’ della tecnica che permette di riscrivere il codice genetico.

“Un progresso c’è stato, ma bisogna continuare su questa stessa strada”, ha detto Gianotti alla presentazione della Giornata internazionale delle donne nella scienza l’evento voluto dalle Nazioni Unite per promuovere in tutto il mondo iniziative per mettere in luce le tante donne impegnate nella ricerca e per incoraggiare le più giovani a intraprendere studi scientifici.

“Al Cern – ha detto Gianotti , lavoro benissimo perché è un luogo che celebra la diversità in tutti i sensi, non solo in termini di genere, ma di etnia, origini e tradizioni”.

Lì, ha proseguito, “lavorano più di 17.000 ricercatori di 110 nazionalità e siamo abituati a lavorare tutti insieme”.

Tuttavia anche al Cern, ha osservato, “le donne sono sempre una frazione minore: attualmente sono il 12%. Non sono ancora un numero sufficiente, ma 20 anni fa erano appena il 4%. Quindi c’è stato un progresso, ma bisogna continuare in questa direzione”.

Negli ultimi 15 anni la comunità internazionale ha fatto grandi sforzi per ispirare e coinvolgere le donne e le ragazze nella scienza ma, ha osservato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, “abbiamo bisogno di incoraggiare e sostenere ragazze e donne a raggiungere il loro pieno potenziale come ricercatori scientifici e innovatori”.