Il governo britannico sta lavorando ad una riforma del divorzio, in particolare quello non consensuale, per il quale la legge prevede ancora l’individuazione di una ‘colpa’ specifica del coniuge. Attualmente, se non c’è ‘colpa’ del coniuge, ci vogliono 5 anni. L’iniziativa – riportano oggi i media britannici – ha preso le mosse da un caso che ha diviso il Regno Unito nello scorso luglio: Tini Owens, una donna di 68 anni del Worcestershire, voleva divorziare dal marito dopo 40 anni di matrimonio affermando di sentirsi infelice. Suo marito, Hugh, si era rifiutato di concederle il divorzio e la Corte suprema aveva respinto all’unanimità il suo appello, decretando che il matrimonio non si possa scindere prima del 2020.

“La legge ci lega le mani”, avevano affermato i giudici pur giudicando il caso “molto controverso”.

La legge inglese prevede infatti che la donna che chieda un divorzio non consensuale debba dimostrare che il marito si sia macchiato di qualche ‘comportamento irragionevole’, adulterio o abbandono; in assenza di questo, è necessario far passare cinque anni dalla richiesta. Un sistema che molti giudicano ora antiquato, e spesso colpevole di esacerbare l’acrimonia o l’infelicità che aveva condotto alla decisione. E al quale il ministro della Giustizia ha detto di voler mettere mano.

Trovo questa legge davvero incredibile. Se non c’è una colpa occorre aspettare 5 anni. Cinque anni di attesa come stare nel purgatorio. Una sorta di stato di mezzo, di espiazione per un coniuge che lascia l’altro che non avrebbe una colpa.

E se chi chiede la separazione ammette di essere lui o lei “colpevole”? Colpevole di non amare o non stimare più l’altro? I giudici possono accettare questa colpevolezza? Speriamo di si.