Parlare con i propri figli di educazione sessuale resta un tabù. Due figli su tre (il 66%) sostengono che nella loro vita non è mai capitato di affrontare l’argomento. Chi ne ha parlato, inoltre, nel 47% dei casi lo ha fatto poche volte e solo in occasione di momenti particolari. E non è l’unico tabù se si parla di salute dell’uomo.
Siamo costantemente sottoposti a pubblicità che ci ricordano come favorire il benessere della donna, la sua sessualità e come affrontare i suoi “sbalzi” ormonali. Molto meno per quello che riguarda l’uomo.
Anche la divulgazione scientifica e la pubblicità farmaceutica hanno strada da fare se vogliono recuperare il gap tra l’attenzione dedicata al benessere femminile e quello maschile.
Gli uomini, inoltre, spesso non fanno prevenzione per scaramanzia. Sono tutti dati che emergono dalla ricerca condotta dall’Ipsos per conto della Fondazione Pro – Benessere al maschile, unica in Italia dedicata esclusivamente alla salute dell’uomo. I dati sono stati presentati nel corso dell’evento “AndroDay. Percorsi di salute al maschile”, promosso dalla Fondazione Pro in occasione della Giornata Internazionale dell’Uomo.
Nel 37% dei casi gli intervistati hanno dichiarato che “quando si sta bene non si ha voglia di pensare alle cose brutte che potrebbero capitare”. Il merito di aver acceso i riflettori su una tematica tanto importante è della Fondazione Pro, presieduta da Vincenzo Mirone, che si propone di sensibilizzare l’uomo al tema della prevenzione attraverso ambiti diversi da quelli prettamente oncologici.
Lo studio della Fondazione Pro – Benessere al maschile si è soffermato inoltre sull’analisi delle abitudini relative a: alimentazione, sport e lavoro. L’uomo italiano attento alla propria alimentazione è un uomo laureato residente nel Nord-Ovest, in comuni di medie dimensioni, di età compresa tra i 55 e i 70 anni. Ha un certo rigore nel consumo di frutta e verdura (tutti i giorni), alterna il consumo di pesce e carne, limita al minimo il consumo di snack e cibo da fast food.
Un italiano su due (il 51% degli intervistati) non pratica attività sportiva e tra chi lo fa il 26% si dedicata allo sport meno di tre volte a settimana. C’è poi una tipologia di lavoratori che ha comportamenti e abitudini poco consigliabili e che corrisponde ai cosiddetti “sedentari volontari”, ovvero coloro restano seduti anche se fanno pause durante il lavoro. Rappresentano il 22% dei lavoratori intervistati e hanno un profilo che assomma diversi aspetti critici: oltre a “non muoversi” dalla propria postazione, sono uomini poco attenti all’alimentazione e all’assunzione di acqua nel corso della giornata e sono poco soddisfatti della vita sentimentale. Più spesso si tratta di lavoratori autonomi.
Cari uomini, insomma, dedicate più attenzione e conoscenza al tema del vostro benessere. Non è che ignorando l’invecchiamento, le malattie o le criticità queste non appaiono sul vostro percorso. Anzi, se le conoscete bene e avete il coraggio di “guardarle in faccia”, sappiate che potete affrontarle con forza e superarle più facilmente.