Il calcio ha perso. Ha perso una importante occasione per dare un segnale forte contro le discriminazioni nei confronti delle donne. Ha perso l’opportunità di essere “luogo” privilegiato di educazione civica e di valori. La potenza delle sue immagini adesso sarà una potenza ancora più vuota. È spiacevole che si sia scelto di far giocare uno dei massimi eventi calcistici italiani su un palcoscenico dove i diritti delle donne e la parità di genere sono negati. Sarebbe davvero importante che il prossimo 16 gennaio, in Arabia Saudita, per la finale di Supercoppa italiana in programma a Gedda, dove la partecipazione delle donne alla partita sarà limitata e circoscritta ad un solo settore del King Abdullah Sports City Stadium, in quello stadio, lo sport italiano si dimostri capace di dare un segnale forte contro la discriminazione femminile. Se accettiamo le discriminazioni ne siamo inevitabilmente complici e sminuiamo l’impegno di quanti, anche nello sport si battono perché’ tali discriminazioni siano superate e la violenza contro le donne abbia fine. Sono tante le polemiche registrate da più parti. Anche il volley italiano che da sempre si batte contro le discriminazioni ha fatto sentire la sua voce. Sui campi della Serie A femminile ha infatti aderito alla giornata contro la violenza sulle donne del 25 novembre scorso e da sempre promuove iniziative per sostenere, potenziare e tutelare la parità di genere in tutti i settori, non solo quello sportivo. Non a caso il Governo, per la sua campagna contro la violenza sulle donneattualmente promossa sui media nazionali, ha scelto quali testimonial alcune delle campionesse più famose della Serie A. Mentre i militanti italiani di +Europa e dei Radicali hanno organizzato un
flash mob davanti alla sede della Juventus di una decina di militanti di Italiani contro la Supercoppa a Gedda. I manifestanti hanno sventolato un cartellino rosso per dimostrare il loro disappunto nei confronti della Lega Calcio. “Chiediamo –
hanno spiegato – che non si giochi la Supercoppa Italiana a Gedda o quantomeno che i giocatori scendano in campo con un segno nero sul volto”. “Un mese fa tutti paladini dei diritti delle donne, oggi tutti burattini. È una vergogna che si siano venduti i diritti delle donne per una partita di calcio in Arabia Saudita, dove le donne non possono accedere da sole allo stadio. Un segno di solidarietà verso le donne saudite i chi diritti vengono calpestati quotidianamente”